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Trump il picconatore | Enrico Tomaselli
Mentre Donald Trump designa i collaboratori di cui si avvarrà per formare la nuova amministrazione statunitense, l’avanzata delle forze armate russe sul campo di battaglia ucraino prosegue inesorabile. La situazione appare talmente critica da spingere Richard Haass, esponente di spicco dell’influentissimo Council of Foreign Relations statunitense, a sostenere apertamente che il nuovo inquilino della Casa Bianca dovrebbe esercitare forti pressioni affinché il governo di Kiev intavoli con Mosca un negoziato inteso a congelare il conflitto sulle attuali linee del fronte. In caso contrario, scrive Haass, il conflitto si protrarrà fintantoché l’Ucraina – o quel che ne rimarrà – non perderà completamente la propria indipendenza, producendo di riflesso contraccolpi particolarmente significativi sull’immagine internazionale degli sponsor occidentali di Kiev. Nell’ottica del noto politologo statunitense, occorre quindi che l’Ucraina e il cosiddetto “Occidente collettivo” abbandonino definitivamente qualsiasi illusione circa un esito positivo del conflitto. Il punto è che a Mosca non sembrano affatto inclini ad accogliere un simile accomodamento. Lo si evince inequivocabilmente dalle dichiarazioni formulate dall’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite Vassilij Nebenzja, secondo cui «non ci sarà alcun “congelamento” del conflitto ucraino. Non si ripeterà lo scenario degli accordi di Minsk; nessun congelamento del fronte in modo che il regime di Zelen’skyj possa leccarsi le ferite, così come non ci sarà alcun ingresso dell’Ucraina nella Nato. Gli obiettivi dell’operazione speciale, comprese la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, rimangono in vigore e non cambiano. Ma ciò che sta cambiando, e rapidamente, è la dimensione del territorio che rimane sotto il controllo del regime di Kiev. Consiglio a tutti coloro che hanno a cuore gli ucraini di non dimenticarsene e di pensare non alla cricca di Zelen’skyj, ma al popolo ucraino, i cui interessi a lungo termine risiedono nella pace e nel buon vicinato con la Russia. Finora, i nostri colleghi occidentali se la stanno cavando male». Sul fronte mediorientale, le forze armate israeliane stanno imbattendosi in crescenti difficoltà sui campi di battaglia della Striscia di Gaza e del Libano, mentre Netanyahu rimuove Yoav Gallant dall’incarico di ministro della Difesa in sostanziale concomitanza con l’ufficializzazione di Donald Trump come presidente eletto. Verso quali scenari stiamo orientandoci, cerchiamo di comprenderlo assieme a Enrico Tomaselli, analista geopolitico e redattore del canale Telegram «Giubbe Rosse».
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